A cura del prof. Cosmo Tridente.
Un «profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità».
E’quanto papa Francesco ha scritto di Dante Alighieri (1265 - 1321), il 4 maggio u.s., giorno in cui in Italia si sono celebrati solennemente i 750 anni dalla nascita del sommo poeta. Nel messaggio inviato al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Papa Francesco ricorda l'ammirazione nutrita nei secoli dai Pontefici nei riguardi dell'Alighieri, «artista di altissimo valore universale, che ha ancora tanto da dire e da donare, attraverso le sue opere immortali, a quanti sono desiderosi di percorrere la via della vera conoscenza, dell'autentica scoperta di sé, del mondo, del senso profondo e trascendente dell'esistenza».
Alla vigilia del Giubileo Straordinario della Misericordia, che si aprirà l'8 dicembre prossimo, a cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, il Papa auspica vivamente che «le celebrazioni del 750° anniversario della nascita di Dante, come quelle in preparazione al VII centenario della sua morte nel 2021, possano far sì che la figura dell'Alighieri e la sua opera siano nuovamente comprese e valorizzate, anche per accompagnarci nel nostro percorso personale e comunitario. La Commedia può essere letta, infatti, come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico. Essa rappresenta il paradigma di ogni autentico viaggio in cui l'umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce «l'aiuola che ci fa tanto feroci» (Paradiso XX, 151) per giungere a una nuova condizione, segnata dall'armonia, dalla pace, dalla felicità. È questo l'orizzonte di ogni autentico umanesimo».
In definitiva, conclude papa Francesco, «onorando Dante Alighieri noi potremo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla méta sognata e desiderata da ogni uomo: "L'amor che move il sole e l'altre stelle"» (Par. XXXIII, 145).
Nel mosaico dell'abside del Santuario Madonna dell’Olmo di Thiene (Vicenza), retto dai Frati Minori Cappuccini, l'artista Angelo Gatto ha voluto inserire anche la figura di Dante Alighieri che nel XXXIII canto del Paradiso della sua Divina Commedia fa dire a San Bernardo di Chiaravalle (1109-1153) la bellissima e insuperabile preghiera alla Vergine Maria.
San Bernardo è l'ultimo compagno di viaggio (dal XXXI al XIII canto del Paradiso) che viene affidato a Dante nel suo lungo itinerario esistenziale descritto nella Commedia; egli lo conduce di giro in giro verso le più alte sfere del Paradiso.
Il mosaico sottolinea con efficacia questo momento, ponendo Dante non rivolto a chi guarda, come tutti gli altri personaggi raffigurati, ma come a colloquio con la figura seguente che è appunto san Bernardo. È Bernardo che mostra a Dante di grado in grado le schiere dei beati e prima di introdurlo alla Vergine Maria, lui stesso la prega con le immortali sette terzine della preghiera a lei dedicata e che riporto qui di seguito:
Canto XXXI II del Paradiso (1-21)
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che '1 suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se'a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra' mortali,
se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate».
La Madonna è qui presentata in tutta la sua umanità di madre, mamma di Gesù, ma anche nostra. In quanto tale, Maria non può non soccorrere tutti i suoi figli, non solo quelli che chiedono la sua intercessione, ma anche quelli che, orgogliosi o non riconoscenti o ancora convinti che nessuno possa aiutarli, a Lei non ricorrono.
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto tratte dal web.